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Pablo Picasso, Guernica
(da internet) |
Il 19 marzo iniziava la sciagurata guerra di Libia. Poche ore dopo, mons. Martinelli vescovo di Tripoli, dichiarava all'Ansa: “Io spero in una resa, ma credo che Gheddafi non cederà, anzi penso che l’uso della forza ne accentui la reazione. A mio giudizio è stato dato il via ad un gioco sbagliato”. A 36 giorni da quel momento sembra aver avuto ragione lui.
Ieri, nuovamente intervistato all'Ansa circa la decisione italiana di partecipare i bombardamenti in Libia, Martinelli ha reagito così: "Per favore, no: sarebbe la rovina". E il tempo dirà, ne sono certo, che anche questa volta ha ragione lui.
"L'ulteriore impegno dell'Italia in Libia - annunciato ieri sera dal Presidente del Consiglio Berlusconi - costituisce il naturale sviluppo della scelta compiuta dall'Italia a metà marzo, secondo la linea fissata nel Consiglio Supremo di Difesa da me presieduto e quindi confortata da ampio consenso in Parlamento". Così, questa mattina il Presidente della Repubblica.
Ha ragione Napolitano quando dice che la decisione italiana di bombardare la Libia "costituisce il naturale sviluppo della scelta compiuta dall'Italia a metà marzo". Ma il problema è un altro: la conseguenza di una scelta sbagliata ab origine, non può che essere profondamente sbagliata a sua volta. Poteva, Napolitano, specificare questo dettaglio? Probabilmente no. Poteva tacere? Sicuramente si.
A sostenere la sciagurata decisione di bombardare non ci sono, con ogni evidenza, motivazioni militari: qualcuno può razionalmente sostenere che saranno i nostri aerei a cambiare le sorti della guera? Non ci sono richiami alla Costituzione: basta rileggere l'art. 11. Tantomeno ci sono principi etici. Ci sono invece motivazioni di politica economica. In altre parole, è probabile che l'Italia si sia sentita rivolgere questo caldo invito dagli altri volonterosi: (Sarkozy per primo) "cari amici, voi importate gas e petrolio in grande quantà dalla Libia. Volete continuare a farlo quando, prima o poi, avremo eliminato Gheddafi e/o attuato la secessione del paese? Allora partecipate al lavoro sporco. Altrimenti è meglio che iniziate a cercare gas e petrolio altrove". Che Berlusconi abbia ceduto a tali richieste non mi sorprende. Che Napolitano gli dia copertura istituzionale mi inorridisce. Che nella mozione presentata dal PD non si escludano i bombardamenti è segno di un preoccupante sbandamento prima cultural-valoriale che politico.
Le bombe, è noto, abbondano laddove manca la politica e scarseggia la materia grigia. E il loro utilizzo ne è una sorta di misura compensativa.
Che ciò avvenga all'interno della coalizione di governo, non sorprende. Al più ne è ulteriore, superflua, conferma.
Che il partito di Bossi sia contrario all'uso delle bombe, ma favorevole a quello dei Kalashnikov per respingere "i bombardati" che cercano salvezza, non merita commento.
Che l'uso delle bombe si faccia strada anche nel mio partito, il PD, lascia francamente basiti. E' il segno, ahimè drammatico quanto evidente, di una capacità complessiva di governo la cui elaborazione è ancora in fieri.
Che trovi consenzienti parte dei cattolici presenti nei diversi schieramenti è cosa semplicemente folle.
Infine, a chi crede, comunque, che la guerra (autorizzata o non) sia la soluzione per accompagnare l’evoluzione di un popolo verso la democrazia, pongo due semplici domande:
- Come valuteranno il prossimo naturale sviluppo della guerra di Libia, cioè l'inevitabile intervento delle truppe di terra?
- A quando la campagna di Siria?
Pare proprio che dal 26 aprile 1937 ad oggi, da Guernica a Tripioli, l'umanità abbia solo imparato a bombardare con più precisione. Forse.
In 74 anni non avremmo potuto fare di meglio?