Si può essere sovversivi chiedendo che le leggi vengano rispettate da chi ci governa (Ennio Flaiano)

mercoledì 11 aprile 2018

Rimpasto o impiastro?


Quanto accaduto ultimamente all’ Amministrazione Fagioli -e che forse sta ancora accadendo in queste ore- è un copione che Stanley Kubrick avrebbe acquistato a qualsiasi prezzo. Uno storytelling da Oscar dell’horror.
Il Sindaco Fagioli potrebbe pensare di aver inventato il “rimpasto progressivo”, la nuova espulsione … al comunicato successivo. Ma, ahimè, anche in questo caso è arrivato tardi: Virginia Raggi ha saputo fare meglio di lui. Per non citare Donald Trump. Forza, signor Sindaco, può migliorare!

Intendiamoci, ogni amministrazione può incontrare difficoltà nel suo percorso, soprattutto quando si regge su accordi di programma tra forze politiche differenti. E non necessariamente per motivazioni poco nobili, difficili da spiegare ai cittadini. Possono emergere valutazioni differenti su come affrontare e risolvere i problemi, su come destinare le risorse economiche.
Ma il Sindaco Fagioli non ha (avuto) di questi problemi: in Consiglio comunale il suo partito ha espresso la maggioranza assoluta. Se la canta e se la suona da solo. Perché, allora, questa infinita manfrina che si trascina dal 2015? Che inizia, pochi giorni dopo le elezioni comunali, quando FI già dichiarava che, con la Lega, «c’erano stati accordi precisi prima del voto …  che sono stati completamente disattesi» e a tre anni di distanza assistiamo ancora, impotenti, al triste spettacolo di questi giorni?

La risposta sta in una ulteriore domanda: cosa ha fatto questa amministrazione per la città di Saronno in tre anni di mandato? Semplice: se si eccettuano l’installazione di alcune telecamere e la progressiva disarticolazione dei Servizi sociali, sostanzialmente nulla. Qualità della vita peggiorata, sicurezza compresa. I saronnesi iniziano a perdere la pazienza, il risultato elettorale racimolato dalla Lega a Saronno lo scorso 4 Marzo lo dimostra e ai piani alti (a Varese) è scattato l’allarme rosso.

L’attuale, triste commedia, altro non è che la reazione, un po' scomposta, del Sindaco Fagioli ad una situazione per lui sempre più incerta: mancata la candidatura alla Camera dei Deputati, ora rischia anche quella per il secondo mandato cittadino. 

Inutile domandare perché non abbia fornito alcuna motivazione al progressivo ritiro di deleghe, alla riassegnazione di altre, alla fervida creatività che ha sostenuto l’invenzione di altre ancora. Inutile domandarsi cosa c’entrino gli irrisolti problemi dei saronnesi: nulla, purtroppo! Certo un di più di bon ton istituzionale non avrebbe guastato, ma avrebbe richiesto un di più di coraggio. E «il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare».

Ma il tempo si fa breve, il 2020 è dietro l’angolo. Riuscirà il Sindaco nell'intento di risollevare le acciaccate sorti della sua amministrazione e di (ri)dare smalto alla sua appannata immagine politica? 
Se il passato è buona chiave di lettura, il futuro appare ormai segnato. Più che un rimpasto sembra abbia combinato un impiastro.
Tempi cupi si profilano per noi saronnesi, ma fortunatamente il 2020 è vicino.

Saronno merita di più! E non da oggi.

giovedì 15 marzo 2018


Ricorderemo l’agguato di via Fani, la strage di 5 agenti della scorta, il rapimento di Aldo Moro. 

Moro, lo statista integerrimo, il politico che viveva l’oggi pensando al domani; il laico credente; il Costituente che fece della mediazione lo strumento di una politica inclusiva, capace di guardare al bene dei una intera nazione.

Riterrei volgare che qualcuno cercasse facile consenso appropriandosi della sua figura politica, della sua tragedia umana. 

Ad iniziare da chi già ci ha disgustati giurando sul Vangelo e brandendo un rosario o da chi, malamente imbeccato, ha citato De Gasperi e la Dottrina sociale cattolica. Probabilmente senza aver mai studiato un rigo né di Vangelo né di Dottrina sociale.

Oggi è tempo di nani dai piedi d’argilla che, forti del consenso popolare, giochino pure tra fanti, se ne sono capaci, ma non offendano chi per questo Paese ha dato la vita.

mercoledì 14 marzo 2018

Il voto dei cattolici in attesa di una politica in uscita


C’era chi si aspettava che, il 4 marzo, il voto degli elettori che si definiscono cattolici confluisse nel sedicente Popolo della Famiglia o in quelle liste che si richiamavano formalmente alla religione cristiana. Così non è stato, per fortuna.

Secondo dati SWG, del “mondo cattolico” si è recato alle urne il 70% circa degli elettori. Di questi il 27% ha votato M5S, il 20% circa ha votato FI, un altro 20% ha votato PD, mentre il 17%, Lega. Altri istituti forniscono dati non divergenti. La maggioranza dei cattolici ha quindi votato in modo sostanzialmente analogo agli altri elettori italiani scegliendo per il reddito di cittadinanza, la difesa della razza bianca, l’espulsione dei richiedenti asilo, la flat tax e via di questo passo.

Se da una parte è vero che la Conferenza Episcopale Italiana si è tenuta (giustamente) lontana dal dare indicazioni di voto, dall’altra non va dimenticato che il suo Presidente, card. Bassetti, aveva osservato come la Chiesa italiana auspicasse un risultato elettorale capace di Ricostruire (la speranza), Ricucire (il Paese), Pacificare (la società). Oggi possiamo dire, credo senza tema di smentita, vox clamantis in deserto.

Sembreremmo di fronte a due mondi non più comunicanti: il magistero dei Vescovi italiani (e di Papa Francesco) sembra non essere più criterio di discernimento elettorale per i fedeli italiani. Se vivere gli stessi problemi e le stesse preoccupazioni di tutti, sentirsi imprigionati nelle medesime periferie esistenziali di insicurezza e, spesso, di solitudine, è fisiologico, condividerne le soluzioni proposte dai vincitori delle recenti elezioni non può non sollevare perplessità e domande.

In una società ampiamente indifferente ai valori del cristianesimo, è ancora un valore aggiunto per tutti che i cattolici tornino ad elaborare proposte capaci di Ricostruire (la speranza), Ricucire (il Paese), Pacificare (la società) e contemporaneamente, dare risposte concrete ai problemi delle persone, a partire dagli ultimi? In caso di risposta affermativa, da dove ripartire?

Come osserva il prof. Introvigne in una recente intervista, sui temi attuali i cattolici avrebbero tantissimo da dire e milioni di persone (al di là di ogni credo religioso) considerano Papa Francesco un punto di riferimento più autorevole di qualunque politico.

Parafrasando allora una fortunata espressione di Papa Francesco, mi sentirei di dire che serve lavorare per un modello di politica in uscita che al centro metta la persona, lontana da ogni autoreferenzialità e dal voler conquistare posti o poltrone, gigli magici o inner circle, ma capace di trovare risposte autentiche, innanzitutto per coloro i cui primi problemi sono arrivare a fine mese piuttosto che evitare di farsi aggredire per strada. E contemporaneamente capaci di sfuggire alla narrativa deprimente che alimenta una sensazione di solitudine anche in mezzo ad una folla rumorosa.