Che le elezioni amministrative avrebbero segnato un ulteriore, irreversibile passo verso la dissoluzione della maggioranza che governa il Paese lo si era capito dal primo turno. I ballottaggi lo hanno ampiamente confermato e la doppia sconfitta di oggi al Senato sulla legge anti-corruzione non fa che confermare una situazione da stato vegetativo permanente.
La crisi sembrava però colpire più duramente il PdL e Berlusconi in particolare (ormai capace di materializzarsi solo in sagoma di cartone anche alle assise di quei servi-amici che, di certo, non possono dirsi scevri da servio encomio).
Nessuno si aspettava, invece, che ad essere altrettanto nel caos fosse la Lega. E invece è così: Bossi è bollito tanto quanto Berlusconi.
La Lega è nel panico più totale. Abituata da vent'anni a promesse tanto assurde quanto irrealizzabili, (e irrealizzate) ma capaci di parlare alla pancia del suo elettorato, non sa ora gestire la protesta montante di chi a queste promesse ha creduto davvero ed è rimasto fregato.
Bossi è un ministro nullafacente, ma dotato di un fiuto politico capace di tenerlo per vent'anni sulla cresta di un'onda basata sul nulla. Oggi che questo fiuto non lo soccorre più e necessita di collaborazione, si scopre circondato da colonnelli capaci, al più, di produrre leggi "pocata". E in effetti è difficile definire diversamente la legge di iniziativa popolare proposta dal geniale Calderoli per portare "qualche" ministero a Milano.
Ma Pontida incombe. E quello che per anni è stato il simbolo del (forse un po' grottesco) radicamento legista, rischia di trasformarsi in una occasione di rumorosa contestazione contro Bossi e la sua cricca di intoccabili colonnelli. Ci voleva un'operazione di distrazione di massa. E, a uno come Calderoli, era difficile chiedere di meglio.
Si annuncia desolante quanto quello di Silvio e del PdL, il tramonto di Umberto e della Lega..