Si può essere sovversivi chiedendo che le leggi vengano rispettate da chi ci governa (Ennio Flaiano)

domenica 23 aprile 2017

Il 25 Aprile in tempi di guerra mondiale a pezzi

25 Aprile 1945: Sandro Pertini guida il comando partigiano che liberò Milano dall'oppressione nazifascista.

L'allontanarsi nel tempo di quel fatti, il progressivo venire meno dei testimoni diretti, ci consegnano una responsabilità crescente: fare memoria, con immutata intensità e partecipazione, di quei giorni decisivi della nostra storia. Della fine di un periodo oscuro, che aveva stravolto la fisionomia del nostro Paese con le leggi razziali, la soppressione delle libertà, il mancato rispetto dei valori umani e della dignità di ciascuna persona, la tragedia della guerra, l’orrore dei campi di concentramento e dei forni crematori.

Celebrare il 25 Aprile per la 72° volta significa non scordare mai il sacrificio e i meriti di chi ha restituito al nostro Paese la libertà e la dignità. Significa tornare alle radici della convivenza civile e democratica che, con la liberazione e la Costituzione repubblicana, ha ridato all’Italia la sua dignità. Si tratta di fare memoria, come ha opportunamente ricordato il Presidente Mattarella, delle “tante storie personali che hanno fatto, in quel periodo, storia nazionale e che costituiscono la base del nostro presente”.

Il mondo, come ha efficacemente affermato papa Francesco, è attanagliato da una sorta di terza guerra mondiale a pezzi: dall’Africa, al Medio Oriente, dall’America Latina all’Asia e all’Europa con l’Ucraina, la Crimea e la Cecenia. Alla guerra dobbiamo aggiungere il terrorismo, che sembra in grado di colpire ovunque. Guerra e terrorismo sono anche all'origine di fenomeni migratori che coinvolgono milioni di donne, bambini, uomini e causano la morte di altre centinaia di migliaia di loro.

In un contesto così drammatico il 25 Aprile richiama tutti ai valori di fratellanza, democrazia, rispetto della persona umana, vicinanza al più debole. Testimoniare pubblicamente e tramandare questi valori significa rispondere ad un imperativo morale e civile oltreché costituzionale: creare quella cultura di pace in grado di opporsi tanto alla “voglia di guerra” che sembra dilagare tra i potenti della terra, quanto al terrorismo integralista.

Minimizzare o snobbare le celebrazioni della Liberazione, impedirne uno svolgimento che possa essere consono ai valori che rappresenta, rischia di rendere complici con chi al diritto internazionale preferisce le armi, alla civile convivenza la sopraffazione.

E’ una responsabilità grave, soprattutto se si ricoprono ruoli istituzionali. E rimane tale anche se chi la assume non è in grado di comprenderne il significato.

domenica 16 aprile 2017

Buona Pasqua!

"Con la Risurrezione Cristo non ha solamente ribaltato la pietra del sepolcro, ma vuole anche far saltare tutte le barriere che ci chiudono nei nostri sterili pessimismi, nei nostri calcolati mondi concettuali che ci allontanano dalla vita, nelle nostre ossessionate ricerche di sicurezza e nelle smisurate ambizioni capaci di giocare con la dignità altrui". (Papa Francesco)

venerdì 14 aprile 2017

Il decreto Minniti? Probabilmente inefficace, sicuramente pericoloso

Il Decreto Minniti sull’immigrazione? Rischia di essere una sorta di “legge speciale”, la prima in Italia. Perché, a ben vedere, quello che prevede per i richiedenti asilo, lo Stato Italiano non lo fece neppure con le Brigate Rosse negli anni di piombo. A nessuna “categoria” di persone, ancorché condannate in primo grado, la Repubblica nata dalla resistenza al nazifascismo, ha mai negato tutti i gradi di giudizio previsti dall’ordinamento.

Oggi l’accertamento dello status di richiedente asilo può richiedere anche 2 anni e questa è una delle tante storture del nostro sistema giudiziario, sicuramente da superare tanto per garantire la sicurezza degli italiani quanto per il rispetto degli stessi richiedenti asilo. Un obiettivo al quale, il decreto Minniti, dice di voler mirare. Bene, quindi le risorse aggiuntive di uomini e mezzi previste dal decreto per rendere più rapide le procedure. 

Ma abolire il secondo grado di giudizio, disegnare un modello processuale ad hoc basato sul cosiddetto "rito camerale" che, se si conclude "con decreto che rigetta il ricorso", è ricorribile esclusivamente in Cassazione, significa contraddire la non discriminazione davanti alla legge garantita dall’art. 3 della Costituzione. E creare, a mio avviso, un precedente assai pericoloso: oggi sono i richiedenti asilo a vedersi sottratto una possibilità di avere giustizia, e domani? Chi o cosa ci garantisce che il medesimo trattamento non possa, in futuro, essere riservato a ciascuno di noi?

Come ricorda il vecchio adagio, la storia insegna che quando i mezzi vengono giustificati dai fini, si sa da dove si inizia, ma non come si finisce: "Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare".

Dissento da chi afferma che il decreto Minniti «è un approccio pragmatico al fenomeno, che coniuga diritti e rispetto delle regole». E condivido tale dissenso con le associazioni che di migranti si occupano da tempo sul territorio, ad iniziare da Acli, Arci, Caritas, Centro Astalli, Fondazione Migrantes, Medici senza frontiere. Con loro sostengo la Proposta di legge di iniziativa popolare “Nuove norme per la promozione del regolare soggiorno e dell'inclusione sociale e lavorativa di cittadini stranieri non comunitari” (https://goo.gl/s7f45a).


Non mi aspetto che questa riflessione riscuota consenso generalizzato, anche se non mi dispiacerebbe. Ma su temi di questa natura è bene confrontarsi senza conformarsi a populismi vecchi e nuovi. Qualche distinguo in più me lo sarei aspettato dai parlamentari del mio partito, che mi sembrano, invece, per la gran parte, dormire sonni tranquilli di fronte ad una legge che, alla fine, rischia di rivelarsi inefficace. E soprattutto pericolosa.