Si può essere sovversivi chiedendo che le leggi vengano rispettate da chi ci governa (Ennio Flaiano)

mercoledì 26 settembre 2012

il PD e le primarie in tempo di caos


da internet

Per chi volesse commentare le milionarie mascherate in salsa suina di molti consiglieri della regione Lazio, abbondantemente finanziate dal bilancio delle presidente Polverini, trovare parole che non sconfinino nel triviale può risultare impresa ardua. Dirsi sconcertati e persino basiti non esprime che una parte alquanto limitata di ciò che si vorrebbe comunicare.

I sondaggi dei diversi istituti demoscopici concordano su di un dato: l’area del non voto era, fino a qualche giorno fa, superiore al 50%. Difficile è dire dove si attesterà dopo quanto sta venendo alla luce. Facile è aspettarsi che il “sono tutti uguali, fanno tutti così” si espanderà in modo ancora più pervasivo di quanto già non avvenga. Preoccupante è, invece, se il degrado della politica è arrivato al punto da far affermare ad un illustre costituzionalista, quale è il prof. Michele Ainis, che è “dalla riforma del Titolo V della nostra Costituzione, varata nel 2001, che iniziano tutti i nostri guai” perché avrebbe sbilanciato troppo i poteri a favore delle Regioni. Ed è preoccupante perché è proprio grazie al meccanismo elettorale regionale che noi elettori abbiamo potuto esprimere la nostra preferenza sulla scheda votando sia per il Presidente della Giunta Regionale che per i Consiglieri regionali; nel Lazio come in Lombardia. Avvicinandosi le elezioni politiche del 2013, dove qualche meccanismo permetterà, giustamente, di scegliere il proprio candidato, pare e me non inutile sottolineare che sarà necessario porre qualche maggior attenzione in questa scelta di quanto non abbiano fatto nel 2010 gli elettori laziali (e pure quelli lombardi). Eviteremo di trovarci, qualche mese dopo, nelle medesime condizioni.

Questa crescente sfiducia nella classe politica si inserisce in un contesto di perdurante crisi economica; la luce in fondo al tunnel, più volte intravista dal Presidente del Consiglio, sembra in realtà allontanarsi più velocemente di quanto non si avvicini la fine del tunnel stesso: della crescita non c’è traccia, le stime relative al PIL vengono continuamente riviste al ribasso e il numero di coloro che restano senza posto di lavoro cresce in continuazione. Ce n’è abbastanza perché un partito di centrosinistra come il PD si intesti l’agenda del prossimo governo. In realtà il nostro partito sembra più assorbito dal cortocircuito determinato da quelle che, nate come Primarie di coalizione, rischiano ora di trasformarsi in un congresso mascherato in mancanza di una coalizione e di candidati che non siano iscritti al PD. Una situazione in qualche modo kafkiana e del tutto incomprensibile ai cittadini elettori; una situazione che si sarebbe potuto evitare se si fosse applicato lo Statuto del partito che prevede primarie solamente di coalizione. In caso contrario il candidato chi il PD indica quale Presidente del Consiglio è il Segretario politico. Una situazione che si è ancora in tempo ad evitare. Dopotutto, si tratta solo di riportare a casa un camper.

Ma altrettanto importante è che il PD, e i suoi eventuali candidati ad una competizione per le primarie di coalizione, non immiseriscano il confronto su temi populisti o sulla “rottamazione”. Discutano piuttosto di Italia e di Europa; di lavoro e disoccupazione; di giovani e precariato; di scuola e di università; di politica industriale, di Fiat, Ilva, Alcoa; di una finanza al servizio delle famiglie e delle imprese, piuttosto che incontrollata e solamente speculativa come quella odierna. In altre parole. Mettano al centro i problemi e gli interessi degli italiani e dicano loro cosa propongono per affrontarli, se non proprio risolverli. E spieghino perché le loro proposte sono differenti (laddove lo siano) e migliori di quelle dell’altra parte politica.

Anche e forse soprattutto dalla serietà con cui ci prepariamo, possiamo sostenere a viso aperto di essere pronti a governare il Paese. Dopo Monti.

(scritto per InPiazza - periodico del PD saronnese)

sabato 1 settembre 2012

Padre Martini, il pastore che guardava lontano

"La vera distinzione -diceva- non va fatta tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti".

Con queste parole e con il riferimento costante alla Parola di Dio, della quale era maestro universalmente riconosciuto, Carlo Maria Martini ha saputo essere per la Chiesa ambrosiana e per la società italiana ben più che l'Arcivescovo della Diocesi più grande del mondo, quella di Milano.

Intellettuale raffinato e interprete di una Chiesa che cammina a fianco dell'uomo di oggi con il solo riferimento alla Parola di Dio, Martini ha saputo essere l'uomo al quale le Brigate Rosse milanesi si sono disarmate, recapitando in curia scatoloni zeppi di armi e bombe. Ha saputo leggere i segni dei tempi dando vita ad iniziative, a quel tempo profetiche, come la Scuola della Parola e la Cattedra dei non Credenti, il dialogo con i fedeli di religione musulmana e la preparazione della storica visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma. Ha saputo anche essere il pastore che nei suoi interventi per la festività di sant'Ambrogio parlava alla città richiamando, anche severamente, le istituzioni politiche a rimettersi al servizio dei milanesi iniziando dai poveri e dagli ultimi.

Sempre con il solo riferimento alla Parola di Dio, non rinunciò mai ad affrontare alcuno dei temi che suscitano dibattito nella nostra società e che, a volte, vedono la Chiesa magisteriale attestata sulla linea, necessaria ma forse non sufficiente, dei valori non negoziabili. Senza mai sconfessare alcuno di questi valori ebbe la capacità, anche intellettuale, di porsi e porre domande, lasciar intravedere strade da percorrere, indicare possibili risposte sui dibattiti attorno alle coppie di fatto, alle convivenze omosessuali, ai divorziati risposati, all'inizio e fine della vita umana, all'alimentazione ed idratazione assistita, all'accanimento terapeutico e all'eutanasia, al celibato dei preti come al ruolo delle donne nella Chiesa.

C'era, in Carlo Maria Martini, il desiderio che la Chiesa universale tornasse a riunirsi per pregare e riflettere sulle tematiche che rischiano di dilaniare il mondo cattolico e di marcarne la separazione da quello dei non credenti.
Il prossimo 12 Ottobre saranno trascorsi 50 anni dall'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, che tanto rinnovamento ha portato nella Chiesa cattolica. Perchè  non augurarsi che la sua scomparsa non favorisca la decisione di indire un nuovo Concilio Ecumenico?

Da cittadino della Diocesi di Milano, da cattolico che ha scelto l'impegno nella politica locale, a padre Carlo Maria un ringraziamento senza confini per tutto quello che mi ha insegnato.