Difficile non porsi questa domanda dopo aver partecipato alle celebrazioni del 25 Aprile questa mattina a Saronno. Ma forse, anche in altre città.
Da molti anni la celebrazione non era così partecipata in città. Forse per la prima volta, un Sindaco veniva pubblicamente applaudito dai suoi cittadini mentre sfilava in corteo verso il monumento ai caduti accompagnando il Gonfalone.
Aurelio Legnani, classe 1926, notissima figura di combattente partigiano ha voluto dare spazio, nel suo intervento, alla voce di tre giovani scout che hanno letto frasi di Sturzo, Calamandrei, Pasolini. Il Sindaco Porro, alla sua prima uscita ufficiale, ha pronunciato un discorso nel quale ha richiamato i valori della resistenza e della liberazione e ne ha ricordato l’attualità e la freschezza oggi, a sessantacinque anni di distanza.
E’ stato un momento di festa capace di unire un’intera comunità attorno ai valori di democrazia, libertà e tolleranza che hanno trovato sintesi nella Costituzione repubblicana del ’48.
Purtroppo, a margine della manifestazione, è avvenuto un fatto di ordinaria imbecillità. Le bandiere esposte all’esterno della sede cittadina della Lega Nord sono state divelte e strappate. Un atto inaccettabile. Da condannare senza se e senza ma.
Chi mi conosce sa quanto il mio pensiero sia lontano dalle posizioni politiche della Lega Nord. Ma al pari del mio, chiedo il rispetto del pensiero altrui. Ancora di più quando si esprime nelle forme e nei modi garantiti dalla Costituzione, cioè tramite un partito politico. Per questo, agli elettori saronnesi della Lega Nord, va la mia personale solidarietà.
Gridare “ora e sempre resistenza” e contemporaneamente strappare i simboli di un partito politico, significa essere ignoranti. Ignorare che le squadracce fasciste non iniziarono i loro crimini con i delitti Minzoni e Matteotti, ma molto prima attaccando partiti e associazioni. Significa tradire gli ideali di quella resistenza che ha dato vita al 25 Aprile, alla Carta costituzionale, a 65 anni di democrazia e libertà.
Significa infine, me lo si lasci dire perché fatico a trovare diversa espressione, comportarsi da imbecilli.
Si può essere sovversivi chiedendo che le leggi vengano rispettate da chi ci governa (Ennio Flaiano)
domenica 25 aprile 2010
giovedì 22 aprile 2010
La prima volta dell'impedito
E venne quel giorno. Anche per Berlusconi. Per la prima volta contestato. Accusato. Segnato a dito. In pubblico. Costretto a difendersi e a contrattaccare. Maldestramente. Non da un avversario politico. Non da uno al quale può dare del comunista. O del cattocomunista. Ma dal fondatore, assieme a lui, del medesimo partito. Ora terza carica dello Stato.
Il confronto è stato duro. A tratti aspro e perfino sgarbato. “Devi lasciare”. “Che fai, mi cacci?”. Al momento non sappiamo dove porterà. Non sappiamo se quella di Fini è strategia o più modestamente tattica. Certo 11 contrari e un astenuto sul documento finale non danno ragione di quanto accaduto. Perchè nulla sarà più come prima. Dentro il PdL e non solo. E probabilmente, di Fini, sentiremo parlare ancora a lungo.
Non basterà un altro predellino per ridare smalto all’azione del Presidente del Consiglio. La direzione nazionale di oggi ha reso il PdL meno distante da un partito normale. E per questo ha segnato una tappa irreversibile nella parabola discendente di Silvio Berlusconi. Un avvicinamento verso la sua uscita di scena. Perchè Berlusconi non può tollerare un altro da sé che la pensi diversamente da lui. E lo obblighi ad un dibattito pubblico.
Sapranno, gli italiani, trarre opportune conseguenze dallo spettacolo indecoroso andato in scena oggi? Saprà il PD farne tesoro?
Il confronto è stato duro. A tratti aspro e perfino sgarbato. “Devi lasciare”. “Che fai, mi cacci?”. Al momento non sappiamo dove porterà. Non sappiamo se quella di Fini è strategia o più modestamente tattica. Certo 11 contrari e un astenuto sul documento finale non danno ragione di quanto accaduto. Perchè nulla sarà più come prima. Dentro il PdL e non solo. E probabilmente, di Fini, sentiremo parlare ancora a lungo.
Non basterà un altro predellino per ridare smalto all’azione del Presidente del Consiglio. La direzione nazionale di oggi ha reso il PdL meno distante da un partito normale. E per questo ha segnato una tappa irreversibile nella parabola discendente di Silvio Berlusconi. Un avvicinamento verso la sua uscita di scena. Perchè Berlusconi non può tollerare un altro da sé che la pensi diversamente da lui. E lo obblighi ad un dibattito pubblico.
Sapranno, gli italiani, trarre opportune conseguenze dallo spettacolo indecoroso andato in scena oggi? Saprà il PD farne tesoro?
venerdì 9 aprile 2010
Analisi del voto?
Analisi del voto. Con questo unico punto all’OdG è convocata, per Lunedì 12 Aprile, la prima Segreteria provinciale del PD varesino dopo la recente tornata elettorale.
Un argomento catartico, verrebbe da dire. Visti il non entusiasmante 19,38% raccolto in provincia. Le poche settimane dal congresso provinciale. I non molti mesi dalle comunali del capoluogo.
A 10 giorni dal voto, sul sito provinciale del mio partito, non trovo commenti di alcun big. Nonostante non manchino. E in campagna elettorale si siano attivamente spesi. Chi per Tizio; chi per Caio; chi per Sempronio. Curiosa applicazione della legge del contrappasso: accorati appelli prima, discreti silenzi dopo.
Discuteranno di rinnovamento anagrafico i membri della segreteria? Di chi potrà succedere a chi? Di chi potrà candidare chi a cosa? Di sondaggi? Di candidature unitarie? Di equilibri “old style”? Di flussi elettorali? (le solite tabelle). Mi auguro di no. Anzi, ne sono sicuro.
Lecco: 36.3 alle comunali e 32 alle regionali. Lodi: 28.6 alle comunali e 34.5 alle regionali. Saronno: 28 alle comunali e 25.5 alle regionali. Sono le percentuali di città (non piccole) e province dove il PD ha vinto. Sicuramente ha invertito una tendenza. Sono esempi sui quali non si può non interrogarci. Sono realtà che possono aiutare ad evitare un errore: che le strategie del partito siano affidate a chi ha perso, nella convinzione, tragica, che le possa insegnare a chi ha vinto. Da qui la prima suggestione che affido alla segreteria provinciale: ripartire da chi ha ottenuto il consenso della sua gente. Per ascoltare. Analizzare. Capire. Confrontare. Mutuare. Solo poi, proporre.
Quale sarà la cifra del PD varesino nei prossimi anni? E’ tempo di lifting? Di aggiustamenti? Di successioni nella continuità? Di rinnovamento principalmente anagrafico? O serve discontinuità (imprescindibile, visibile, incontestabile) per uscire dalle secche nelle quali ci troviamo? Cosa può dire il PD agli elettori del primo partito della provincia, quello del non voto? Perché dovrebbero credere che votarci è meglio che non votare?
Ecco allora la seconda suggestione. Il congresso provinciale può essere un momento privilegiato per rispondere a queste domande. Ma serve coraggio, più che non in passato. Per abbandonare vecchi schemi. Per elaborare un progetto complessivo che parli al cuore delle persone, più che colorare di rosso risposte confezionate per parlare alla pancia. Per lavorare ad un futuro, che non sarà domani. Forse neppure dopodomani. Perché il domani del 19%, se va bene, è il 20%. Ma potrebbe essere il 18%.
Può essere una sfida ardua riflettere sul voto. Ma anche una grande occasione. Per “reinterpretare il rapporto tra politica e società”. Tralasciamo le analisi consolatorie. I complimenti che confermano appartenenze. Le mosse di circostanza. Sono liturgie da partito vecchio. Partiamo dai contenuti, piuttosto che dai nomi. Almeno questa volta.
giovedì 1 aprile 2010
Per quale società?
“Non siamo riusciti a trasmettere un’idea di società alternativa a quella su cui Berlusconi e la Lega prendono i voti”. Sta in questa frase di Rosy Bindi la sintesi migliore della sconfitta del PD alle recenti regionali. Mi permetto di aggiungere che non ci siamo riusciti perché forse non ci crediamo abbastanza.
Faccio un esempio: le tasse. Partecipando con gli altri candidati agli incontri con i cittadini durante la campagna elettorale, ho spesso sentito promettere “mezzo punto in meno di addizionale IRPEF” piuttosto che “una riduzione di mezzo punto di IRAP”. Buoni argomenti per lucrare qualche voto di preferenza. Ma nulla a che vedere con “l’idea alternativa”, anche in termini di fisco, di cui parla la presidente del PD. D’altra parte, le anticipazioni ISTAT sulle dichiarazioni dei redditi 2008 degli italiani, sono li a confermarne, impietosamente, la distanza siderale con quanto avremmo dovuto saper proporre.
Un secondo esempio: la sicurezza. A margine di una conferenza stampa tenuta a Saronno, Filippo Penati ha, ancora una volta, tergiversato sull’opportunità delle ronde. Peccato che, negli stessi giorni, una relazione della DDA milanese parlasse espressamente di una penetrazione ormai diffusa e soffocante della ‘ndrangheta nel tessuto sociale ed economico della Lombardia. Ancora una volta una distanza siderale tra problema reale e proposta di soluzione.
Pongo una domanda: c’è un comune denominatore tra le due situazioni esemplificate? Sì: è la paura. La paura di fare proposte realmente alternative a quelle considerate dominanti. La paura di “reinterpretare il rapporto tra politica e società”. (Bindi).
“E’ chiaro che se continuiamo a fare la foto a Berlusconi, gli italiani non smetteranno di rispecchiarsi in lui e nella sua foto. E’ tempo di scattare un’altra fotografia” (Bindi).
Non sottovaluterei l’osservazione della presidente Bindi. Dalla capacità di proporre come migliore per tutti una società significativamente diversa da quella di Berlusconi e Bossi passa la possibilità del PD di tornare interlocutore dei cittadini. In Italia come in Lombardia. Come a Varese.
Faccio un esempio: le tasse. Partecipando con gli altri candidati agli incontri con i cittadini durante la campagna elettorale, ho spesso sentito promettere “mezzo punto in meno di addizionale IRPEF” piuttosto che “una riduzione di mezzo punto di IRAP”. Buoni argomenti per lucrare qualche voto di preferenza. Ma nulla a che vedere con “l’idea alternativa”, anche in termini di fisco, di cui parla la presidente del PD. D’altra parte, le anticipazioni ISTAT sulle dichiarazioni dei redditi 2008 degli italiani, sono li a confermarne, impietosamente, la distanza siderale con quanto avremmo dovuto saper proporre.
Un secondo esempio: la sicurezza. A margine di una conferenza stampa tenuta a Saronno, Filippo Penati ha, ancora una volta, tergiversato sull’opportunità delle ronde. Peccato che, negli stessi giorni, una relazione della DDA milanese parlasse espressamente di una penetrazione ormai diffusa e soffocante della ‘ndrangheta nel tessuto sociale ed economico della Lombardia. Ancora una volta una distanza siderale tra problema reale e proposta di soluzione.
Pongo una domanda: c’è un comune denominatore tra le due situazioni esemplificate? Sì: è la paura. La paura di fare proposte realmente alternative a quelle considerate dominanti. La paura di “reinterpretare il rapporto tra politica e società”. (Bindi).
“E’ chiaro che se continuiamo a fare la foto a Berlusconi, gli italiani non smetteranno di rispecchiarsi in lui e nella sua foto. E’ tempo di scattare un’altra fotografia” (Bindi).
Non sottovaluterei l’osservazione della presidente Bindi. Dalla capacità di proporre come migliore per tutti una società significativamente diversa da quella di Berlusconi e Bossi passa la possibilità del PD di tornare interlocutore dei cittadini. In Italia come in Lombardia. Come a Varese.
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