Si può essere sovversivi chiedendo che le leggi vengano rispettate da chi ci governa (Ennio Flaiano)

domenica 18 dicembre 2011

Beata ignoranza

Al mio post di sabato 10 dicembre su Chiesa e ICI, (http://www.augustoairoldi.com/2011/12/la-chiesa-paghi-lici-lobiettivo-e-ben.html) Roberto G. ha lasciato un commennto che mi porta a tornare in argomento. Scrive Roberto:
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Caro Airoldi,
in questo post hai scritto che “non esiste alcuna norma che esenti la Chiesa cattolica in quanto tale dal pagare l'ICI sugli immobili adibiti ad attività commerciali”.
Sul periodico della vostra amministrazione “Saronno Sette” i tuoi alleati socialisti scrivono (oggi, sabato 17/12) esattamente il contrario. Se vai a pag. 6 in un articolo a firma PSI intitolato “I socialisti chiedono equità e giustizia sull’ICI”, troverai che “anche la Chiesa, che è esente dal pagamento dell’ICI sugli immobili commerciali, è più che mai chiamata a contribuire”. E poco più avanti: “i socialisti conducono battaglie da anni per eliminare l’esenzione sugli immobili commerciale ecclesiastici”.
Come la mettiamo, caro Airoldi? Chi è che bara: tu o i socialisti? Ma se anche a barare fossero i tuoi alleati, mi spieghi come fate a stare assieme a loro?
Ciao
Roberto G
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Gentile Roberto G., il tuo riferimento è al numero del periodico "Saronno Sette" reperibile all'indirizzo più sotto riportato.
Sicuramente a barare non sono io. Confermo: non esiste norma nel nostro ordinamento che esenti la Chiesa cattolica dal pagare l'ICI sui suoi immobili a destinazione commerciale. E ci mancherebbe, aggiungo. Sarebbe un privilegio inaccettabile e come tale è escluso dalle leggi di uno Stato di diritto quale è l'Italia. Ma come ho già scritto nel post cui ti riferisci, se qualcuno può dimostrare il contrario, si faccia avanti. Così pure se qualcuno ritiene di conoscere situazioni di irregolarità, elusione o evasione, piuttosto che scrivere articoli, meglio farebbe a rivolgersi all'autorità giudiziaria.

Le esenzioni, laddove previste, sono limitate alle attività non a scopo di lucro e da chiunque poste in essere: cattolico, non credente o diversamente credente.
Se invece si vuol sostenere che una mensa gestita dalla Caritas o da qualsiasi ente non-profit, dove un poveraccio riceve gratuitamente un pasto caldo, un cappotto e magari può farsi una doccia nel prefabbricato attiguo, deve pagare l'ICI al pari di un selfservice gestito da un grande gruppo industriale che fa (legittimamente) affari con i cd ticket restaurant, dico ad alta voce di essere totalmente contrario. In altre parole: vogliamo dire che il mondo della solidarietà debba essere tassato al pari di quello del business? Sono contrario.  Anche perchè a rimetterci sarebbe lo Stato. Ma temo che questa sia la vera posta in gioco.

In quanto all'articolo da te citato, (reperibile al seguente indirizzo: www.comune.saronno.va.it/upload/saronno_ecm8/gestionedocumentale/SARONNO%20SETTE_40_bassa_784_10830.pdf ) che dire: le affermazioni che hai riportato sembrano frutto di ignoranza abissale.

Peraltro, conoscendo personalmente buona parte degli esponenti PSI della mia città, rifiuto di credere che qualcuno di loro possa essere caduto in un errore tanto sesquipedale.  Sono certo che non tarderanno a chiarire tutto.
In caso contrario ne sarei sinceramente sconcertato. Ma quel che più conta, mi vedrei costretto a rassegnarmi al fatto che gli epigoni di quello che fu un grande partito, conducono oggi battaglie culturalmente residuali.

lunedì 12 dicembre 2011

De Gasperi, i soldi e gli stipendi dei politici

Erano gli inizi degli anni Cinquanta, l'Italia era appena uscita dalla tragedia di una guerra perduta, i profondi segni dei bombardamenti erano sotto gli occhi di tutti, la miseria era profonda, ma grazie agli aiuti che arrivavano dall'America, si intuiva la rinascita. La Regione autonoma Trentino-Alto Adige era guidata dall'l'intelligenza di Tullio Odorizzi.

L'avvocato ricordava volentieri gli innumerevoli colloqui con De Gasperi, che «mi accordava facilità d'incontro, mi dava consigli, lo potevo vedere sempre. Fra noi che eravamo giovani e lui che era al vertice della Democrazia Cristiana, non c'erano rapporti di sudditanza né di venerazione, ma di semplicità, di cordialità. Era il fratello maggiore, era il maestro, era l'amico. Non faceva pesare la sua autorevolezza, né la sua cultura. Che era vastissima». In quegli anni, i giovani della Dc lavoravano con entusiasmo, con dedizione e con l'orgoglio di sentirsi importanti. «Per alcuni mesi» - ricordava Odorizzi - «lavorammo gratis perché il messaggio di Degasperi era chiaro: la politica è servizio rivolto ai cittadini, non deve lasciare spazio al lucro e alle ambizioni personali.

Ma alcuni protestarono perché dovevano sostenere delle spese e «non riuscivano a mandare avanti la famiglia» né a pagare la benzina per il "Guzzino". «Così approvammo una delibera che elargiva quaranta mila lire al mese a ciascuno di noi. Quella somma era, più o meno, lo stipendio di una dattilografa.

Degasperi venne informato, si arrabbiò e mi telefonò nel cuore della notte - all'epoca costava meno telefonare dopo le 22 - dicendomi con voce infastidita e severa, dove era finito lo spirito di dedizione, perché bisogna dare, dare e mai chiedere e perché bisognava fare il nostro dovere fino in fondo e a qualunque costo.
Balbettando, gli risposi: Presidente, le spiego, ma lui non voleva sentire ragioni. Ma quando lo rividi a Roma e gli riferii dei disagi dei consiglieri, mi disse: se le cose stanno così, hai ragione. Però fai in modo di ridurre al minimo, proprio al minimo, la questione del denaro, altrimenti la politica diventa un mestiere come ogni altro. Mi sentii assolto e ancor di più stimolato. Poi l'insegnamento di Degasperi è stato stravolto, tradito e l'onestà nella politica resta solo il ricordo di un'epoca breve». Che è tramontata.

sabato 10 dicembre 2011

La Chiesa paghi l'ICI? L'obiettivo è ben altro!

«Se vi sono casi concreti, nei quali un tributo dovuto non è stato pagato, l’abuso sia accertato e abbia fine».

Concordo con la dichiarazione rilasciata ieri dal card. Bagnasco. E osservo che se fosse arrivata con qualche anticipo, male non avrebbe fatto.

Peraltro, nel nostro ordinamento, non esiste alcuna norma che esenti la Chiesa cattolica in quanto tale dal pagare l'ICI sugli immobili adibiti ad attività commerciali. Chi non concorda è pregato di citarla.

Piuttosto ne sono esenti tutte le attività religiose, non commerciali e sociali non a scopo di lucro, da chiunque poste in essere. E il parere di chi le vive è unanime, trasversale ad ogni parte politica e convincimento religioso. Il presidente dell’ARCI Paolo Beni non ha dubbi: l’esenzione dall’Ici per chi fa attività sociale? «È sacrosanta e va mantenuta». Con lui Rossano Bartoli, segretario generale della Lega del Filo d’Oro, che assiste le persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali in tutta Italia. «Se un’attività è commerciale è giusto che paghi l’Ici come prevede la legge, ma è impensabile colpire qualcuno solo in base alla sua appartenenza. La preoccupazione è che nel tentativo di fare cassa si stia accendendo una lampadina su tutto il settore non profit».

Il timore di Bartoli èsicuramente fondato e il defunto governo Bossi-Berlusconi-Tremonti ha dato ampia prova nell'accanirsi contro il non profit, anche in questo totalmente assecondato da quella parte di mondocattolico che lo ha colpevolmente sostenuto.

Ma il mio timore va oltre quello di Bartoli. Quella scatenata dai soliti Radicali e appoggiata da MicroMega è un'offensiva che vuole porsi su un piano molto più ambizioso: quello culturale che sorregge il nostro modello sociale. 

Alimentare giudizi sommari, viscerali, non documentati, (leggere gran parte di quelli che appaiono sul gruppo FB "Facciamo pagare l'ICI alla Chiesa Cattolica" per credere) ha l'obiettivo di mette a rischio un sistema di solidarietà e di sostegno ai più deboli, che è un tassello fondamentale della coesione sociale del nostro Paese. Un'operazione che va ben al di la dei "soldi" che lo Stato potrebbe recuperare se i comuni scoprissereo soggetti evasori sul loro territorio (cosa che mi auguro facciano sempre più assiduamente).  Che tende a sgretolare l’identità stessa di un popolo che ha nella solidarietà e nella capacità di costruzione di reti sociali una delle chiavi del suo ben-vivere.

Se, come probabile, dietro questa facciata c'è il disegno di arrivare a una società ancor più individualista, svincolata da ogni appartenenza identitaria, slegata da ogni rete, (e saldamente nelle mani di chi tiene le fila del potere) quale miglior occasione perchè credenti e non credenti conducano una comune battaglia?
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