Si può essere sovversivi chiedendo che le leggi vengano rispettate da chi ci governa (Ennio Flaiano)

lunedì 12 dicembre 2011

De Gasperi, i soldi e gli stipendi dei politici

Erano gli inizi degli anni Cinquanta, l'Italia era appena uscita dalla tragedia di una guerra perduta, i profondi segni dei bombardamenti erano sotto gli occhi di tutti, la miseria era profonda, ma grazie agli aiuti che arrivavano dall'America, si intuiva la rinascita. La Regione autonoma Trentino-Alto Adige era guidata dall'l'intelligenza di Tullio Odorizzi.

L'avvocato ricordava volentieri gli innumerevoli colloqui con De Gasperi, che «mi accordava facilità d'incontro, mi dava consigli, lo potevo vedere sempre. Fra noi che eravamo giovani e lui che era al vertice della Democrazia Cristiana, non c'erano rapporti di sudditanza né di venerazione, ma di semplicità, di cordialità. Era il fratello maggiore, era il maestro, era l'amico. Non faceva pesare la sua autorevolezza, né la sua cultura. Che era vastissima». In quegli anni, i giovani della Dc lavoravano con entusiasmo, con dedizione e con l'orgoglio di sentirsi importanti. «Per alcuni mesi» - ricordava Odorizzi - «lavorammo gratis perché il messaggio di Degasperi era chiaro: la politica è servizio rivolto ai cittadini, non deve lasciare spazio al lucro e alle ambizioni personali.

Ma alcuni protestarono perché dovevano sostenere delle spese e «non riuscivano a mandare avanti la famiglia» né a pagare la benzina per il "Guzzino". «Così approvammo una delibera che elargiva quaranta mila lire al mese a ciascuno di noi. Quella somma era, più o meno, lo stipendio di una dattilografa.

Degasperi venne informato, si arrabbiò e mi telefonò nel cuore della notte - all'epoca costava meno telefonare dopo le 22 - dicendomi con voce infastidita e severa, dove era finito lo spirito di dedizione, perché bisogna dare, dare e mai chiedere e perché bisognava fare il nostro dovere fino in fondo e a qualunque costo.
Balbettando, gli risposi: Presidente, le spiego, ma lui non voleva sentire ragioni. Ma quando lo rividi a Roma e gli riferii dei disagi dei consiglieri, mi disse: se le cose stanno così, hai ragione. Però fai in modo di ridurre al minimo, proprio al minimo, la questione del denaro, altrimenti la politica diventa un mestiere come ogni altro. Mi sentii assolto e ancor di più stimolato. Poi l'insegnamento di Degasperi è stato stravolto, tradito e l'onestà nella politica resta solo il ricordo di un'epoca breve». Che è tramontata.

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