Che voto sarà quello di domenica 4 Dicembre?
Non me lo domando in relazione al possibile risultato, ma alle condizioni della campagna referendaria che lo sta precedendo.
Una campagna con un peccato originale: una personalizzazione inutile, dannosa, controproducente; "un dibattito che ha, fin dall'inizio, abbandonato il tema fondamentale, ossia una modesta riforma costituzionale, per trasformarsi in una sfida pro o contro il governo". Mentre "era chiaro che se si voleva chiedere una decisione sul contenuto della riforma costituzionale lo si sarebbe dovuto separare, come saggiamente da alcuni proposto fin dall'inizio dell’estate, dalla sorte del governo."
Un palese tentativo di gran parte dei poteri forti, internazionali e nazionali, finanziari ed economici, di condizionarne l'esito tramite la diffusione di paure irrazionali. Insomma, "una rissa che ha trasmesso in Italia ed all'estero un senso di debolezza che, qualsiasi sarà il risultato di questo referendum, si trasformerà in un periodo (speriamo non troppo lungo) di inutile e dannosa turbolenza."
Si va al voto in una situazione talmente caotica che, anche chi, nel recente passato, ha avuto un ruolo significativo per la crescita democratica, sociale ed economica di questo Paese, ha finito per arrendersi a considerarla una scelta tra "succhiare un osso o un bastone". Scambiando, per di più, l'osso con il bastone!
E quando il caos diviene il dominus incontrastato e l'irrazionalità porta a scambiare "lucciole per lanterne" è necessario andare alla ricerca di punti fermi, dei fondamentali. E' necessario essere ben consci del tentativo di manipolazione del consenso che questo caos può comportare. E se parliamo di Costituzione repubblicana, Giuseppe Dossetti è sicuramente un riferimento imprescindibile.
Nella lettera ai Comitati per la difesa della Costituzione del 23 maggio 1994, Dossetti scriveva: "Ora la mia preoccupazione fondamentale è che si addivenga a referendum, abilmente manipolati, con più proposte congiunte, alcune accettabili e altre del tutto inaccettabili, e che la gente ... finisca col dare un voto favorevole complessivo sull'onda del consenso indiscriminato a un grande seduttore: il che appunto trasformerebbe un mezzo di cosiddetta democrazia diretta in un mezzo emotivo e irresponsabile di plebiscito". Dopo 22 anni, l'attualità di queste preoccupazioni è tale da non richiedere commenti.
Giovanni Nicolini, che di Dossetti fu caro amico e stretto collaboratore, pochi giorni or sono ha scritto: "Senza ombra di dubbio Dossetti avrebbe combattuto questa riforma prima di tutto perché operazione illegittima e pericolosa: un parlamento eletto con legge dichiarata incostituzionale che si arroga il compito di cambiare un’ampia parte della Costituzione (47 articoli, pari a 1/3 della Costituzione) con stretta maggioranza politica. In secondo luogo perché ne risulterebbe una Costituzione di parte. I padri costituenti parlavano di “Casa comune”. La costituzione del ‘48 fu scritta insieme e fu votata a larghissima maggioranza, 88%, da quanti erano avversari politici. La riforma di oggi invece divide gli italiani: se prevalesse il sì, metà degli italiani non si riconoscerebbero nel nuovo testo della Costituzione".
Ritengo che solo pochi irriducibili abbiano la sfrontatezza di affermare che il testo sottoposto a referendum contenga solamente proposte condivisibili. La maggior parte degli osservatori politici, come dei docenti di diritto costituzionale dichiarano che la riforma contiene proposte condivisibili ed altre del tutto inaccettabili (se non pericolose).
E' mio personale convincimento che, nel merito, le seconde prevalgano largamente sulle prime.