Si può essere sovversivi chiedendo che le leggi vengano rispettate da chi ci governa (Ennio Flaiano)

mercoledì 11 luglio 2012

Cattaneo faccia una Ethic Review

Quanto pesa il "fattore Cattaneo" nel biglietto dei pendolari lombardi?
In tempi di Spending Review la domanda potrebbe essere tutt'altro che peregrina; tutt'altro che populista.

E' certo, l'assessore Cattaneo, che l'articolazione del gruppo FNM - Trenord confermi nei fatti quella "eccellenza" di Regione Lombardia che Formigoni va sbandierando fino alla nausea? O, per "avvicinare" la celeste eccellenza non sia invece opportuna una sana cura dimagrante?  L'immagine qui a margine (allegata al Bilancio 2011 di FNM S.p.A.) lascia più di qualche dubbio.

E' certo, l'assessore Cattaneo, che la "governance" del gruppo FNM non sia pletorica oltre ogni ragionevole misura? Se, dal Bilancio 2011 della sola capogruppo, si evince che la remunerazione degli amministratori è costata ai pendolari lombardi la bellezza di 3.000.000 di Euro, al netto di qualsiasi rimborso spese, qualche dubbio rimane.

E se la capogruppo da sola è costata 3.000.000 di Euro in "remunerazione agli amministratori", quanto sarà costato l'intero gruppo?

Cattaneo e Formigoni contrattino pure con il Presidente Monti per ottenere una riduzione dei tagli ai finanziamenti, ma, se vogliono essere minimamente credibili, mettano mano a una sana Ethic Review.

martedì 26 giugno 2012

Democrazia senza partiti?

Può funzionare una democrazia senza partiti? Quasi un italiano su due (48%) sembra convinto di si ed è invece necessario interpellare almeno 25 per trovarne uno che dica di credere nei partiti (4%). Bastano questi due dati, frutto di un recente sondaggio SWG, per dar corpo ad una idea che sembra diffondersi sempre di più tra gli italiani: dei partiti si può fare a meno. Non di questo o quel partito, ma dei partiti in quanto tali. Segno evidente di una frattura tra cittadini e partiti mai così ampia nella storia repubblicana.

Anche se nessuno si dice disposto a rinunciare alla democrazia, si fa strada l’idea che sia possibile “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (Costituzione, Art. 49) senza i partiti. Anzi, i cittadini li vedono come un ostacolo a influire con il loro parere sulle scelte che li riguardano. Locali o nazionali che siano. Il Movimento 5 Stelle non fa mistero del suo essere “non partito”. Si dice orgoglioso di rifiutare l’organizzazione propria di un partito, inteso secondo il modello costituzionale. Sceglie di non dotarsi di uno Statuto, di una gerarchia interna, (ma si affida un leader indiscusso ed indiscutibile) di regole codificate per il suo funzionamento. A tutto ciò dice di preferire un utilizzo spinto degli strumenti propri della “rete” in quanto garanzia di una migliore e più efficiente democrazia. In estrema sintesi un modello dove cliccare su ‘mi piace’ sostituisce il confronto di idee e la mediazione tra posizioni differenti. Un modello che qualcuno chiama di democrazia istantanea e che sembra incontrare oggi il favore dei cittadini; sembra intercettare una domanda di senso preclusa ai partiti tradizionali.

Viviamo in una società fortemente plurale, frazionata per interessi, orientamento culturale e religioso, capacità economica e posizionamento sociale; una società che necessita di luoghi in grado dare aggregazione e rappresentanza alle affinità e capaci di fare sintesi delle diversità. Ancora necessita di luoghi di elaborazione delle risposte ai bisogni dei cittadini e non solamente di elencazione delle domande e denuncia delle storture. Questi luoghi, per anni rappresentati dai partiti politici, sono oggi in gran parte accusati di aver abdicato a queste responsabilità e non più ritenuti interlocutori credibili dai cittadini. In questo il berlusconismio ha una responsabilità enorme, per aver martellato per vent’anni gli italiani con messaggi anti-politica e anti-partiti. Ma altrettanto enorme è la responsabilità delle classi dirigenti, divenute nel tempo autoreferenziali, per aver trasformato i partiti in luoghi di privilegio quando non di malaffare. Ma una democrazia senza partiti scivola presto nel populismo e nella dittatura. Noi italiani non dobbiamo uscire dai confini nazionali per ricordare quali conseguenze comporta fare a meno dei partiti democratici, anche se per volontà di un politico democraticamente eletto.

Se quindi una democrazia senza partiti non esiste, ne consegue la drammatica responsabilità di questi ultimi per aver perso la fiducia dei cittadini, al punto da convincerne, più del 50%, a rifugiarsi nell’area del non voto o a cercare risposte nei “non partiti”.

Il PD è l’unico soggetto politico, presente su tutto il territorio nazionale, sopravvissuto allo tsunami delle recenti elezioni amministrative. L’unico nato espressamente per farsi carico e dare rappresentanza ad una società complessa, che non si governa con l’identificazione di tutti nell’uno, (il leader carismatico) ma con la convivenza possibile dei molti. Ed è l’unico partito, erede di Moro, Berlinguer e Zaccagnini, dove è possibile parlare di politica come servizio alla società e al bene comune senza suscitare derisione.

Per questo la nostra responsabilità è più grande. Per questo non possiamo trattare con sufficienza chi cerca nei nuovi movimenti le risposte che non ha trovato altrove. Per questo dobbiamo essere radicali nel tornare ai valori delle origini e riconquistare la fiducia degli elettori. Condizione indispensabile per essere nuovamente credibili quando proponiamo soluzioni ai bisogni del Paese.
(scritto per il numero di giugno del periodico del PD saronnese "In Piazza")

venerdì 15 giugno 2012

Splendidi ottuagenari


Uno splendido ottuagenario, lo stemma del Comune di Saronno.

Non una ruga che possa suggerire l'opportunità di lifting.

Il 10 Novembre 2012, compirà 80 anni.

Perchè non festeggiarlo come merita?

giovedì 7 giugno 2012

Grillo ringrazia

PDL,UDC,Lega e purtroppo, PD si spartiscono i garanti.

PDL e UDC salvano De Gregorio (dall'arresto).

PDL e Lega salvano la poltrona di Formigoni.

Grillo ringrazia.

giovedì 31 maggio 2012

Quale festa della Repubblica?

Che dalla rete si sia levata, corale e sincera, la richiesta di annullare la consueta parata militare per la Festa della Repubblica, non sorprende. Nè sorprende che alle moltissime richieste leali si siano mischiate, meno numerose, quelle "interessate" a sopprimere un segno di unità del Paese e di presenza delle sue Istituzioni.

Sorprende invece che, a tali richieste, si siano accodati pubblici amministratori; tra essi non pochi di centrosinistra.

Sorprende perchè chiunque abbia anche solo elementari nozioni di pubblica amministrazione sa che una tal macchina organizzativa può essere fermata, alla vigilia dell'evento, solo pagandone quasi per intero il costo. E conseguentemente poco o nulla si sarebbe risparmiato a favore delle popolazioni colpite dal terremoto.

Ma oltre la sorpresa rimane una domanda: come è possibile che dopo 66 anni dalla sua nascita una "Repubblica fondata sul lavoro" che "ripudia la guerra" non trovi miglior rituale per celebrarsi che una parata militare?

Ma questa, ahimè, sembra essere una domanda non particolarmente appassionante per il popolo del centrosinistra!

martedì 22 maggio 2012

The day after: la dura lezione delle amministrative

Poco più di 1000 comuni sugli oltre 8100 del nostro Paese; poco meno di 10 milioni di elettori. Non così poco, però, per qualche riflessione. Anche nella prospettiva delle politiche della primavera 2013, dalle quali ci separa ormai meno di un anno.

E’ stato detto, forse non a torto, che Grillo non può essere considerato una sorpresa: in fondo, da quasi vent’anni gli italiani votano comici e macchiette. La battuta è buona, ma sarebbe pericoloso fermarsi li. I risultati, pur previsti nel trend, sono clamorosi nelle dimensioni.

Il PdL non ha subito la sconfitta pur annunciata: è imploso. In gran parte delle realtà si è sostanzialmente dissolto. La Lega di Bossi ha perso persino Cassano Magnago, a casa del capo. A Monza è passata dal 20 al 7,5%; a Belluno dal 22 al 4,5. A Verona ha vinto Tosi, la Lega di Maroni. Già, la Lega di Bossi e quella di Maroni: due partiti, ormai al lumicino. Anche a Pierfurbi non è andata bene. Alla prima vera occasione, la sua UDC ha fallito l’obiettivo che persegue da sempre: raccogliere il consenso in uscita dal centrodestra.

Per fortuna, decisamente meglio è andata al centrosinistra e al PD in particolare che vince in 92 comuni e riconquista città e paesi da vent’anni amministrati da Lega e PDL. Ma si è trattato di un atterraggio morbido, di vittorie ottenute anche grazie a una riduzione dei consensi molto più contenuta che nel centrodestra.

In questo panorama, due sono i reali vincitori. Il Movimento 5 Stelle (M5S) di Grillo, che porta a casa “solo” 4 sindaci, ma raddoppia i consensi ottenuti alle regionali del 2010 e il “partito” degli astenuti, ormai prossimo al 50%. Grillo e astenuti hanno dato voce al grido di dolore, quando non di sdegno, che attraversa l’Italia alimentato dall’immobilismo, incredibilmente suicida, di un’intera classe politica. Come non ricordare le richieste che da mesi i cittadini rivolgono ai partiti che per anni hanno votato? Nuova legge elettorale, ristrutturazione del finanziamento pubblico mascherato da rimborso elettorale, trasparenza nei bilanci, eliminazione dei privilegi, riduzione del compenso di parlamentari e consiglieri regionali, limitazione del numero dei mandati. Richieste semplici, di buon senso, che la crisi attuale, prima che una sia pur limitata dose di etica, chiederebbe di accogliere senza esitazione. E invece, nulla. Scriviamo quando sono ormai trascorsi 45 giorni dal momento in cui i presidenti di Senato e Camera si sono impegnati a portare in aula una riforma del finanziamento pubblico dei partiti. 45 giorni perduti. Meglio, 45 giorni che hanno (giustamente?) ingrossato le fila dei grillini.

E sbagliano, a mio avviso, coloro che considerano il M5S solo un effetto ottico che raccoglie un voto umorale, qualunquista e antipolitico come le performances circensi del leader lascerebbero credere. Dietro quel successo c’è una crescente domanda di politica, insoddisfatta dai partiti tradizionali. Non lo prova solo la scelta dei parmensi che hanno preferito il giovane Pizzarotti a Bernazzoli, politico di lungo corso. Lo prova il fatto che Grillo non sfonda dove la politica “tradizionale”, di qualunque colore, riesce a mostrare una faccia che i cittadini percepiscono come credibile. E’ accaduto a Verona con Tosi e a Palermo con Orlando: due candidati diversi in tutto, (età, storia, provenienza politica e proposta amministrativa) ma ugualmente considerati non omologabili ai partiti tradizionali dall’elettorato locale. Ancora lo prova Genova dove Grillo ha ottenuto ottimi risultati con un candidato sindaco che non proviene certo dai centri sociali, ma dal mondo dell’impresa e del volontariato. Infine lo provano le molte vittorie locali ottenute da quei candidati PD che hanno saputo intercettare questa domanda facendo premio sulla possibile sfiducia verso il partito nazionale con la loro faccia e le loro storie personali.

La lezione è dura, la diagnosi non lascia scampo. I partiti tutti non hanno che due possibilità: ignorarla, aprendo così le porte del Parlamento a Grillo che nel 2013 prenderà milioni di voti ed eleggerà decine di deputati e senatori. Oppure voltare rapidamente pagina approvando, entro l’estate, una legge elettorale decente, una vera riforma del finanziamento pubblico e una sostanziale riduzione dei costi di parlamentari e consiglieri regionali.

Il PD è l’unico graziato dai cittadini in questa tornata amministrativa.

Un “di più” di fiducia che è al contempo un di più di responsabilità e una sfida. Il PD rimane l’unica organizzazione politica presente su tutto il territorio nazionale e pertanto è stato in grado di ottenere un risultato elettorale sostanzialmente omogeneo in tutte le regioni.

Adesso dobbiamo essere il motore di un ritorno della politica a servizio del bene comune, altrimenti rischiamo la sconfitta fra qualche mese o fra pochi anni. A livello nazionale non meno che a livello locale.

lunedì 7 maggio 2012

Sconfitte estreme, vittorie moderate

Trasferire linearmente sul piano politico il risultato delle amministrative, può essere improprio. Alcuni dati sono però clamorosi.

La nullificazione del PdL è di tali proporzioni da autorizzare l'ipotesi che Berlusconi sia scappato dall'Italia, più che andato a Mosca per festeggiare Putin.

A Verona Tosi vince ed elegge Maroni segretario federale della Lega,  stroncando brutalmente le mire di Bossi di rimettersi in corsa.  Poi si conferma anche sindaco.

L'UDC e il terzo polo tutto, spariscono nel nulla. A conferma che l'egocentrico Casini è emblema di miopia politica se paragonato al ben più responsabile Bayrou, divenuto determinante nella vittoria di Hollande.

La "protesta non votante" rappresenta spesso il primo partito del belpaese.
In scia, Beppe Grillo e il suo movimento raccolgono a piene mani la "protesta votante" contro un sistema partitico largamente impresentabile.  Ripercorrendo, in questo, la strada della Lega nel '92-'96 senza, peraltro, avere un progetto altrettanto chiaramente identificabile. A conferma che l'avversione contro i partiti è più radicale di 15-20 anni fa.

Il PD vince senza stravincere. Si propone come l'unica forza politica in grado di "tenere" a livello nazionale. Ma ottiene, insolitamente, migliori risultati al centro-nord.. In casi isolati, ma di grande rilevanza, conferma di avere una classe dirigente locale ampiamente al di sotto delle aspettative. Ma per sua fortuna, in quegli stessi casi, il PdL riesce a fare anche peggio.

Mario Monti è probabilmente l'italiano che dormirà il sonno più tranquillo, questa notte.

Ma anche il "celeste vacanziero" potrebbe addormentarsi senza ricorrere ai sonniferi.

Infine, che Muccino e Castiglion sappiano fare i sindaci, è ancora tutto da dimostrare.