Scrivere di ballottaggi alcuni giorni prima può essere rischioso: i risultati potrebbero contraddire o vanificare qualsiasi analisi. Nondimeno alcune riflessioni possono essere comunque opportune.
I nostri 32 lettori ricorderanno come, da tempi non sospetti, andiamo dicendo che la parabola politica di Silvio Berlusconi è finita. Ma che la sua uscita di scena sarebbe stata per nulla simile a quella di altri leader politici del mondo occidentale. Gli accadimenti di questi mesi e di questi giorni si incaricano di darci ragione.
Con le amministrative scegliamo chi governerà le nostre città piuttosto che le nostre provincie. Cionondimeno, per sua esplicita ammissione, il Presidente del Consiglio ha inteso trasformarle in referendum sulla sua persona. E per questo si è candidato capolista del PdL a Milano, città che ritiene essere da anni simbolo (sic!) del “suo” ben governare. Sapendo, però, di dover piazzare un prodotto politico ormai scaduto, (sé stesso) ha scelto una campagna promozionale aggressiva. Ecco quindi i Lassini. Ecco la Santanchè. Ecco le imboscate con menzogna della Letizia Brichetto contro Giuliano Pisapia. Insomma: botulino, silicone e insulti l’hanno fatta da padrone. Una campagna talmente allucinata da consentire a Bossi di giocare la parte del moderato. Ma questa volta Berlusconi ha sbagliato. E il risultato è stato disastroso. Nonostante la macchina dell’arroganza e della menzogna abbia girato a pieno regime, o forse proprio per questo, il centrosinistra ha sfiorato la vittoria al primo turno e Berlusconi perso il 50% dei voti personali. In nessuna delle nove zone elettorali in cui è suddivisa Milano, quadrilatero della moda e degli affari compreso, il centrodestra ha sopravanzato il centrosinistra: una vera debacle.
Milano vive da anni ingabbiata in una paura alimentata ad arte. Liberarsene richiede coraggio. Non è quindi ozioso domandarsi: confermeranno i milanesi il loro orientamento al ballottaggio del 29 e 30 Maggio? Sarà Giuliano Pisapia il nuovo sindaco di Milano?
Lo sbando in cui versa il centrodestra lo lascerebbe intendere. E personalmente auguro che sia così. Milano è città dall’antica vocazione moderna e normalmente anticipa ciò che avverrà in tutto il Paese. Merita di uscire, finalmente, dalle secche nelle quali l’ha confinata il centrodestra. Dalle ristrettezze culturali e sociali. Dalla crescente diseguaglianza di un modello economico che riduce alla marginalità coloro che non vincono. Il risultato fin qui conseguito da Pisapia è frutto del convergere su di lui di un largo schieramento al quale non è estraneo il mondo del volontariato e dell’associazionismo cattolico. Fare sintesi e valorizzare ciascuna delle componenti che lo hanno sostenuto può essere la chiave della vittoria finale.
Ma se il coraggio fosse insufficiente. Se le promesse mirabolanti e folli previste dalle nuove strategie comunicative di PdL e Lega fossero andate a segno. Se il ballottaggio dovesse confermare Letizia Brichetto sulla poltrona di Sindaco, i milanesi perderebbero una grande opportunità, ma il trend evidenziato da queste elezioni non si arresterebbe. Le analisi del voto sono concordi: Il PdL perde in tutta Italia; la Lega arresta la sua avanzata; il centrosinistra torna a crescere. Gli italiani sono stanchi di promesse non mantenute. Di un governo nullafacente. Di un Presidente del Consiglio per anni più occupato a frequentare le dacie di Putin, le amazzoni di Gheddafi e organizzare baccanali che a risolvere i loro problemi. Il dopo-Berlusconi è già qui. Ai milanesi scegliere se guidarlo o inseguire che tra cinque anni.
(In Piazza n°50 - 27/05/11)
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