Sorprende il grado di popolarità di cui il Governo Monti continua a godere. Nonostante l’Italia sia ormai in recessione economica. Sorprende in rapporto alla durezza e impopolarità di gran parte delle misure varate. Anche se va detto che alcune di queste non hanno ancora dispiegato i loro effetti sui cittadini, ma lo faranno tra breve. I Comuni, infatti, si apprestano ad approvare bilanci per il 2012 che risentiranno pesantemente della manovra Salva Italia. Ad iniziare dall’applicazione dell’IMU. E ancora ci attende la riforma del mercato del lavoro, che pur appartenendo ai provvedimenti detti Cresci Italia, potrebbe riservare sorprese non del tutto gradite. Lo dico senza pensare all’abolizione dell’art. 18, che personalmente auguro resti e le cui tutele spero sia in futuro possibile estendere anche a chi oggi ne è escluso.
Senza necessariamente scomodare premi Nobel quali Paul Krugman e Joseph Stiglitz o “rivoluzionari” della Teoria Monetaria Moderna, quali l’economista americano James K. Galbraith, che assegna un ruolo benefico al deficit pubblico e all’inflazione, mi permetto sommessamente osservare che il rigorismo oltre misura, imposto dal Cancelliere Merkel all’Europa tutta, rischia di causare disastri sociali certi a fronte di benefici almeno incerti: Grecia docet. Questo per dire che se da una parte il Governo Monti è probabilmente l’unico possibile nell’attuale contingenza e come tale va sostenuto, non per questo tutte le misure adottate sono da ritenersi le migliori in assoluto.
La domanda circa la popolarità di questo Governo quindi resta. Né credo la possa evadere la pedagogica quanto indispensabile sobrietà cui l’esecutivo meritoriamente si ispira e che ha consentito, alla sola Presidenza del Consiglio di conseguire, nei primi cento giorni, risparmi per 43 milioni di Euro, e una riduzione del 92% nel costo dei voli di Stato!
Certo gli ultimi mesi del precedente Governo avevano consegnato l’Italia alla derisione planetaria, suscitato l’allarme rosso in mezzo mondo e condotto il Paese ad un soffio dal default. Fortunatamente la saggezza dei meccanismi istituzionali previsti dalla nostra Costituzione e la lungimiranza del Presidente Napolitano hanno indotto forze politiche che si combattevano aspramente a garantire al nuovo Governo Monti una inedita quanto ampia maggioranza parlamentare. Ma quel passo, ancorché obbligato dal disastro incombente, ha rappresentato una svolta inaspettata nelle sue conseguenze politiche. Se lo stile, la sobrietà e la competenza tecnica dei “nuovi” hanno affascinato gli italiani e le misure adottate hanno riammesso il nostro Paese nel novero della comunità internazionale, il feeling imprevisto creatosi con i cittadini ha spiazzato le stesse forze politiche al cui sostegno il Governo è legato, riducendole in una sorta di imbarazzata afasia. Solo cittadini esasperati da governanti inconcludenti potevano preferire chi promettere lacrime e sangue a chi dispensava illusioni.
Trascorsi 100 giorni, alla permanente condizione di smarrimento, si è aggiunta una preoccupazione bipartisan: se nei prossimi 12 mesi questo Governo dovesse centrare anche solo una parte degli obiettivi di crescita che promette, perché gli elettori dovrebbero fare a meno del “tecnico” Monti dalla primavera del 2013? E posto che l’attuale Primo Ministro potrebbe succedere a se stesso senza neppure dover modificare la legge elettorale, se ciò dovesse accadere, si aprirebbero scenari da brividi: una tecnocrazia “illuminata” che governa per decreto con un Parlamento che docilmente converte in legge. Bene ha fatto quindi Pierluigi Bersani a lanciare la campagna Destinazione Italia «con l’obiettivo di ascoltare i problemi concreti delle varie realtà territoriali e metterci la faccia». Solo tornando in mezzo alla gente la classe politica può allontanare lo spettro della sua inutilità. Il PD sembra averlo capito; ma il tempo si è fatto breve. Le elezioni del 2013 sono dietro l’angolo.
(Pubblicato su In Piazza, marzo 2012)
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