Ieri sera, a Parigi, si è
combattuta una battaglia dell’ormai famosa guerra mondiale a pezzi di cui ha
parlato mesi fa, con la consueta lungimiranza, Papa Francesco. Una battaglia
dalle conseguenze orrende, inumane, con la quale un gruppo di criminali ha
seminato terrore e sparso sangue innocente
nel cuore dell’Europa. E non è detto che sia finita.
E’ il momento della solidarietà,
della vicinanza umana e spirituale con le vittime e le loro famiglie. Forse non
è un caso che, nella laica Europa, l’hastag che sta avendo maggiore popolarità
è #PrayForParis.
Non ci sarà soluzione a breve termine ad
un problema che affonda le sue radici nei decenni, (almeno dalla guerra in Afghanistan) vede coinvolti interessi geopolitici globali, strumentalizza il credo
religioso, sconta una drammatica perdita di senso della vita in occidente al
punto che migliaia di giovani europei continuano ad unirsi ai terroristi per combattere
contro la civiltà che li ha allevati. E non sarà sicuramente un drone americano
a risolvere questo problema.
Potranno essere
necessarie misure anche impopolari per evitare che altro sangue innocente venga
sparso per l’Europa.
Una cosa, però, credo sia certa:
l’errore più grande che l’occidente possa commettere è rispondere all’odio
fondamentalista con altro odio, ad atti di guerra con la guerra. Farci ritenere che
ormai siamo in guerra e quindi dobbiamo combattere è proprio il tranello che ci
tende il terrorismo jihadista e nel quale rischiano di cadere i meno avveduti
di noi occidentali. Sarebbe l’inizio della
terza guerra mondiale non più a pezzi.
Affermiamo, non a torto, che l’Europa
è la culla della civiltà e del diritto. E’ il momento di dimostrare che ci crediamo realmente.
Nessun commento:
Posta un commento