Con buona pace di Roberto Maroni, la Lega Nord è una forza politica ampiamente minoritaria nel panorama nazionale. A urne chiuse si attesterà attorno al 4-5%, decimale più, decimale meno. Rispetto alle Regionali del 2010, i sondaggi prevedono che perderà il 50% dei consensi, ritornando così alle sue dimensioni fisiologiche di movimento localista, marginale nel sistema politico italiano. La confusa strategia politica degli ultimi mesi, pro Formigoni, contro Formigoni, pro PdL, spiega, più di tante parole, il caos della leadership succeduta al vecchio Bossi. Dopo le note e per nulla edificanti vicende legate al finanziamento pubblico. Per far dimenticare tutto ciò serviva un rigurgito di “padanità”, una proposta shock. Poco importa se priva di senso compiuto e realizzabile quanto la restituzione dell’IMU dell’eterno compagno di merende Silvio Berlusconi. E Maroni l’ha trovata nel 75% del gettito fiscale che pretende rimanga in Lombardia.
Eppure, in un panorama politico dominato da timore, indecisione e frammentazione, una così poca cosa, rischia di essere determinante per il risultato delle elezioni nella nostra regione. Grazie anche all’ennesimo, ignominioso voltafaccia di Roberto Formigoni, che da Sponsor di Albertini è ora il primo sostenitore di quel Maroni che lo ha mandato a casa anzitempo.
Da Formigoni a Maroni. Dai For-scandali alla Mar-secessione. Questo è il rischio che corre le nostra regione. Un rischio strutturale, sistemico. Piemonte, Lombardia e Veneto contemporaneamente (s)governati da un movimento populista, secessionista, isolazionista. La parte più avanzata e produttiva del Paese che riporta l’orologio della storia a metà ‘800. Che ingaggia una lotta senza quartiere con il resto del Paese, con le Istituzioni e il Governo della Repubblica dei cui benefici Bossi e soci hanno fruito a man bassa per anni. Altro che Roma ladrona.
Piemonte, Lombardia e Veneto a presidenza leghista significa tensione istituzionale alle stelle tra potere locale e Governo centrale. Significa guerriglia endemica tra i governatori leghisti e Palazzo Chigi. Significa, nondimeno, il ritorno del nostro Paese all’inaffidabilità internazionale già sperimentata con l’ultimo governo Berlusconi. Significa sfiducia degli investitori internazionali, spread alle stelle, recessione galoppante, disoccupazione drammatica e debito pubblico senza freni. Significa, in parole semplici, più povertà e più insicurezza per tutti i lombardi.
Serve alla nostra regione un progetto che unisca, piuttosto che dividere. Un progetto realistico che sappia parlare al cuore dei lombardi, piuttosto che solamente alla pancia. Un progetto che valorizzi il lavoro dei molti cittadini lombardi piuttosto che difendere l’illegalità dei pochi evasori delle quote latte. Questo è il progetto che il PD sostiene candidando Umberto Ambrosoli alla presidenza di Regione Lombardia.
Votare PD alle elezioni regionali significa credere nel rilancio di una regione capace di mettersi in sintonia con la voglia di rinascita del Paese, piuttosto che isolarsi nelle secche di una visione senza futuro. Che dai For-scandali ci precipiterebbe nella Mar-secessione.
Nessun commento:
Posta un commento