Si può essere sovversivi chiedendo che le leggi vengano rispettate da chi ci governa (Ennio Flaiano)

domenica 13 aprile 2014

Solo Renzi. Renzi solo?

 
Se la novità più imprevista ed eclatante degli ultimi dodici mesi non venisse dalla fine del mondo, si potrebbe dire che lo sarebbe Matteo Renzi. Ma si tranquillizzino i miei 32 lettori, credenti e non: non troveranno in queste righe una sorta di confronto tra sacro e profano, tra le caratteristiche di chi è stato eletto Vescovo di Roma e chi nominato Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica italiana.

Renzi è un trascinatore e contemporaneamente un personaggio che divide. Suscita entusiasmi, ma anche dissenso; a volte irritazione. Ha uno stile comunicativo che buca il video e anima i social: particolari non trascurabili in epoca di politica fortemente mediatizzata. A volte eccede, mostrando una baldanza e una irriverenza al limite della mancanza di rispetto dell’interlocutore. Verso il quale mostra visibile insofferenza quando questi lo contraddice. Specie se a ragione. Padroneggia con destrezza l’arte della captatio benevolentiae, tanto da raccogliere consensi ben al di la dei tradizionali confini del partito di cui è segretario nazionale. Con la celerità che molti gli riconoscono si è impadronito del partito e alcune settimane dopo del Governo, compiendo in pochi giorni la medesima operazione che a Craxi costò 8 anni, dal 1976 al 1984. E’ un uomo di potere, Renzi e ciò non guasta laddove potere sia sinonimo di servizio. Ma a differenza di quanto ritengono gran parte dei commentatori, definirei il suo stile politico più craxiano che berlusconiano. Con buona pace di quel profeta che fu Giorgio La Pira. Gli piace correre in solitudine, senza dover troppo contrattare e tantomeno concertare. Per questo si è circondato di ministri certo capaci, ma in fase di crescita e al momento non in grado di fargli ombra. Cedendo solo su Pier Carlo Padoan all’economia, per richiesta irremovibile di Giorgio Napolitano. Promette di essere l’uomo del fare, cogliendo così una necessità drammaticamente inderogabile per il nostro Paese, oltreché i bisogni di un elettorato ampio e largamente trasversale. Del fare in fretta, scontando ritardi di cui non è responsabile, ma rischiando anche che fretta e bene non sempre coincidano. E' anche un leader dalle molte sfide e dai frequenti rilanci. Capace di convincere che la priorità irrinunciabile è quella che sostiene in quel momento. E di farsi perdonare se ieri era un’altra e altrettanto potrà essere domani. Così legge elettorale e job act, 10 miliardi per 10 milioni di lavoratori e riduzione dell’IRAP, riforma del Senato e decreto legge sul lavoro, spending review e riforma del Titolo V della Costituzione, abolizione delle province e del CNEL si rincorrono e a turno divengono la priorità del giorno, puntualmente ricordata via Twitter alle 6:30 del mattino. Mentre scrivo nessuno di questi impegni è legge dello Stato. Ma quando leggerete qualcuno auspicabilmente lo sarà, come qualcun altro sarà forse scomparso dalla lista delle priorità. Ha scelto le convergenze parallele il Presidente del Consiglio, tra un governo di larghe intese e gli accordi con il sedicente leader dell’opposizione. Un leader sempre meno tale, Berlusconi, come mi è già capitato di osservare. Che cerca disperatamente di rimanere alla guida di un partito riottoso a seguirlo nella parabola discendente, ma incapace di sopravvivergli. Tra i cui dirigenti il tutti contro tutti è ormai la norma.

Sta concedendo molto credito il PD al suo Segretario-Presidente del Consiglio, né potrebbe essere diversamente. Un po’ affascinato da promesse di cambiamento troppo a lungo disattese. Un po’ frastornato da una personalizzazione della leadership sicuramente inedita per il popolo del centrosinistra. Una personalizzazione che sfida quel “metodo democratico” essenziale in un partito che resta pur sempre un collettivo plurale. E che pone serie ipoteche sulla capacità di aggregare uno schieramento ampio e variegato, quando Renzi si troverà a mantenere il più antico degli impegni assunti: portare il centrosinistra al governo del Paese solo vincendo il confronto elettorale.

Ma l’uomo è persona intelligente. Sicuramente più, mi sia concessa la chiosa, dei molti saliti sul suo carro in zona Cesarini producendosi in conversioni che neppure san Paolo. Per questo, sono certo, saprà fare sintesi delle molte ricchezze che il centrosinistra gli offre e solo grazie alle quali potremo far ripartire un Paese sfiduciato e fermo da troppo tempo.