Si può essere sovversivi chiedendo che le leggi vengano rispettate da chi ci governa (Ennio Flaiano)

sabato 26 marzo 2011

Giustizia: riforma epocale o porcata finale?

Un Disegno di Legge Costituzionale. Diciotto articoli. Il Titolo IV della Costituzione Repubblicana disarticolato. Un nuova sezione, la II-bis, introdotta a bella posta per disciplinare la responsabilità civile dei magistrati. Un "doppio" Csm. La separazione tra giudici e PM. L'appellabilità delle sentenze di assoluzione «soltanto nei casi previsti dalla legge». In più, nuove norme che intervengo pure sul trasferimento dei magistrati, sui rapporti con la polizia giudiziaria e sulle regole disciplinari. Questo, in estrema sintesi il contenuto del testo Berlusconi – Alfano. Detto di “riforma” della giustizia.

Nel nostro Paese l’amministrazione della giustizia è malata. Due, a mio avviso, i sintomi più evidenti. La straordinaria lentezza dei processi, soprattutto civili, che ha accumulato una massa di 5 milioni di processi arretrati. E che la rende in qualche modo una giustizia di classe. Perché solo chi ha molti mezzi può permettersi di sostenerne le spese e di attendere quasi all’infinito (salvo prescrizione) la definizione di un torto o il riconoscimento di una ragione. Poi il sovraffollamento delle carceri. Alla fine del 2010 le carceri italiane ospitavano 69mila persone, a fronte di una capienza regolamentare di 44mila. Forse anche per questo, nel medesimo anno, i suicidi sono stati 63. Quasi a dire che, in Italia, la pena di morte esiste ancora.

Di fronte a un così sconfortante scenario non è improprio domandarsi: quali di questi problemi risolve la riforma epocale evocata da Belrusconi? La risposta è tanto semplice quanto disarmante: nessuno. Non li risolve perché non li affronta: semplicemente li ignora. Interviene invece sui delicati meccanismi che, dal 1948, garantiscono l’indipendenza della Magistratura dal potere politico. Meccanismi che sono sopravvissuti al flagello delle Brigate Rosse, sconfitte senza alterarli. Ma che, forse, non sopravvivranno alla smania di Berlusconi di non essere giudicato da nessuno.

Quindi: nessuna risposta alla necessità di investimenti e di riforme organiche. Nessuna misura per rendere i processi più veloci ed efficaci. Nessun piano di intervento per dare un servizio giustizia degno di questo nome. Tutto si riduce a umiliare la magistratura, a punirla. In particolare a indebolire e "normalizzare" l'azione di controllo della legalità delle Procure, che sino ad ora sono state il motore della giurisdizione esercitando in autonomia l'azione penale.

C’è un aspetto, emblematico, che più di molti dettagli per addetti ai lavori può smascherare la portata di quella che rischia di assomigliare a una soluzione finale di infausta memoria. Al Titolo IV della Costituzione, i Padri Costituenti, hanno dato il titolo: “La Magistratura”. Nel testo Berlusconi – Alfano (nuovi padri costituenti, sic!) si leggerà invece: “La Giustizia”, scomparendo “La Magistratura”. Eliminazione peraltro confermata dal successivo art. 104 dove scompare: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”.

L’art. 138 della Costituzione, ne regola le procedure di modifica. La saggezza dei nostri padri costituenti fu tale che, con ogni probabilità, Berlusconi non riuscirà ad ottenere i voti parlamentari necessari a varare la sua legge senza ricorrere al referendum popolare confermativo. E’ peraltro probabile che l’iter parlamentare non si concluda per il 2013, anno in cui il Parlamento in carica dovrà eleggere il nuovo Capo dello Stato. E probabilmente questo è il vero obiettivo che Berlusconi si prefigge avviando l’iter di questa legge. Per evitare nuove elezioni, tenere formalmente impegnato questo Parlamento di cooptati, altrimenti inoccupato dall’inerzia del suo governo, in modo da assicurarsi l’elezione alla Presidenza della Repubblica. Che per raggiungere l’obiettivo debba squassare la Costituzione e disarticolare la Magistratura, è dettaglio che non lo turba.

Ottenuta l’approvazione della sua legge elettorale, il ministro Calderoli non ebbe difficoltà a definirla pubblicamente un porcata. Avrà, Berlusconi, il coraggio di essere altrettanto onesto? Non credo. Anche perché potrebbe essere costretto a ripetersi.

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